I residenti sono 65, la metà sono soci della prima coop di comunità nata in Italia che oggi è diventata un modello contro lo spopolamento studiato in tutto il mondo. È la Cooperativa Valle Dei Cavalieri: un nome che ricorda quello di una favola. Ed effettivamente in questa storia ci sono tutti gli ingredienti di una favola, e di una favola a lieto fine.
Grazie alla Cooperativa, che oggi è formata da 33 soci, tutti volontari, il paese è tornato a vivere.
Se durante l’inverno gli abitanti sono 65, in estate diventano 500- 600. I dipendenti a tempo pieno sono sette (di cui due romeni e due portatori di handicap), più cinque o sei stagionali. Lo stipendio medio è sui 1.000 euro al mese e il fatturato della Cooperativa è di circa 700mila euro all’anno. In venticinque anni di attività, l’investimento globale è stato di un milione e mezzo di euro.
«La nostra storia quest’anno compie 25 anni» spiega Dario Torri, il presidente. «Tutto inizia nel 1991, con la chiusura dell’unico bar del paese. Poco tempo prima, aveva abbassato la serranda anche l’ultima bottega. E si sa, quando in un paese non ci sono più né un bar né un negozio, quel paese è destinato a morire, perché viene a mancare un punto di ritrovo. Così, noi ragazzi della proloco ci siamo rimboccati le maniche e, in nove amici, abbiamo costituito la Cooperativa Valle dei Cavalieri, dal nome della zona geografica in cui ci troviamo. Dapprima abbiamo investito i nostri soldi e abbiamo risistemato la vecchia scuola elementare del paese, ormai diroccata. Lì abbiamo aperto un bar e una bottega di prodotti alimentari, dove oggi arrivano clienti pure dai paesi limitrofi, perché il negozio più vicino dista 20 chilometri. Vendiamo anche il pane che produciamo noi: 20 chili al giorno d’inverno e 80 chili d’estate. Ma non ci siamo fermati qui. Abbiamo avviato anche un ristorante, che oggi ha 220 coperti e un agriturismo con sei camere e venti posti letto: oggi ospitiamo fino a 14mila turisti all’anno. E da poco abbiamo un piccolo centro benessere».
I ragazzi, 25 anni fa, non avevano la minima idea di che cosa fosse una cooperativa di comunità, anche perché la definizione non esisteva ancora: hanno semplicemente cercato di rispondere ai bisogni che, giorno dopo giorno, si presentavano. Da bravi camminatori di montagna, hanno fatto un passo dopo l’altro, senza fretta. Una scelta vincente, visto che, dopo venticinque anni, sono ancora qui, tutti insieme, che camminano. E chissà dove li ritroveremo tra venticinque anni!